Interventi e riflessioni,  Osservamedia Sardegna

Un giorno di ordinaria transfobia sui media sardi

Ieri su tutti i giornali sardi online è stata pubblicata un articolo nel quale si raccontava, con toni tra il ridanciano e il linguaggio poliziesco, di come una prostituta transgender sudamericana sia stata denunciata da un cliente, perché l’avrebbe costretta a pagare una prestazione pattuita ma non effettuata. L’articolo si caratterizza chiaramente per l’atteggiamento discriminatorio e disumanizzante tenuto nei confronti della persona transgender, in una cronaca caratterizzata per la estrema parzialità della fonte. L’unico punto di vista, è quello del cliente accusatore.

Il meccanismo di ridicolizzazione, criminalizzazione e degradamento della persona transgender è lo stesso che avevamo già avuto modo di descrivere poco più di un anno fa, parlando di un assurda cronaca su La Nuova Sardegna.

A leggere le concordanze tra i vari articoli pubblicati, ci pare evidente che molte delle criticità di questo articolo possano risalire alla fonte primaria, che presumiamo essere il mattinale di polizia. In più, diversi giornali si sono sbizzarriti nell’aggiungere particolari ora piccanti e ridanciani, ora minacciosi e violenti, che sembrano essere parto della fantasia redazionale, assenti nella fonte originaria. Particolarmente squallidi, in questo senso, sono l’articolo pubblicato su Vistanet (dal tono particolarmente caricaturale) e quello pubblicato su La Nuova Sardegna (dal tono più minaccioso e criminalizzante); ma il tono della matrice, presente anche nelle altre testate è lo stesso.

È evidente che, quando la persona eletta ad antagonista della cronaca è una persona straniera, transgender, che per vivere fa la prostituta, ci si può sbizzarrire come meglio si crede. Di fronte si ha una persona triplicemente emarginata, triplicemente costretta al silenzio e all’invisibilità. Tutto pare essere concesso.

La criminalizzazione della persona straniera, che sempre, nel mattinale di polizia, viene condannata senza appello. Sempre, nell’articolo di cronaca, viene privata di qualsiasi diritto di parola, di difesa, di un punto di vista sulla vicenda per cui viene chiamata in causa. Come se una fonte istituzionale italiana potesse essere considerata imparziale, e non esistesse un enorme problema di discriminazione razziale strutturale, che agisce a monte del caso di cronaca, nello svolgersi del caso stesso, e poi a valle, nel sistema giudiziario (dove comunque spesso, senza che si conceda il sacrosanto diritto alla rettifica, molte condanne pronunciate a mezzo stampa sono cassate o derubricate).

La stereotipizzazione degradante della persona transgender, che viene dipinta sempre come una figura grottesca, disumanizzata, ridicolizzata in quanto “donna con attributi maschili”, ma anche criminalizzata, per la minaccia latente rappresentata da questa mascolinità. Ovviamente, il mancato riconoscimento di qualsiasi dignità di persona passa anche per il mancato riconoscimento dell’identità di genere (quello che nel mondo anglofono viene chiamato misgendering), per cui nello stereotipo esiste solo “il transessuale”, una concordanza di genere scorretta e discriminante per le persone transgender mtf (le uniche considerate nella idea stereotipata de “il trans” corrente nel senso comune), che ne giustifica la implicita criminalizzazione collettiva in narrazioni come questa.

Parte integrante dello stereotipo de “il transessuale” è poi l’associazione ovvia e spontanea con la prostituzione. La identità della persona transgender stenta ad esistere, sui giornali, come qualcosa d’altro rispetto alla prostituzione. Alla figura della persona transgender si aggiunge così tutto lo stigma morale, la sessualizzazione e la emarginazione che di per sé caratterizza la figura della prostituta. In un contesto di totale invisibilizzazione della prostituzione, di totale sottomissione della prostituta al contesto non legale in cui si svolgono le transazioni del mercato del sesso, il punto di vista assunto dalla cronaca, risolutamente simpatetico verso il cliente, è significativamente sbilanciato. Si parla di “disavventura”, di “curiosa avventura”, di “imprevisti”, con un tono ammiccante e divertito: disavventura per il cliente ovviamente, la prostituta non ha diritto ad un punto di vista sull’accaduto. Il fatto che una prostituta pretenda di essere pagata per il suo tempo viene immediatamente derubricato ad estorsione, e tutti sono concordi. La violenza intrinseca al fatto che il tempo della prostituta non valga niente, che tutto dipenda dai capricci del cliente, viene celata, sottaciuta, esclusa dal contesto.

È la solidarietà da postribolo, tra maschi che si danno di gomito a vicenda crogiolandosi nello spazio del dominio di genere più spudorato, e che si trasmette per riflesso condizionato al tono ridanciano dei commenti (perlopiù maschili) pubblicati sulle pagine facebook dei giornali sardi.

Come sempre quando escono questi articoli, ci domandiamo:
– qual è l’interesse pubblico nel narrare così una vicenda del genere?
– qual è il punto di vista e la difesa della persona accusata nell’articolo?

Un paio di giornali, forse messi sull’avviso dai commenti ricevuti su facebook (e in particolare Vistanet), hanno provato a modificare l’articolo per superare il misgendering della persona transgender, e considerarla al femminile. Altri hanno deciso di mostrare tutta la loro consapevolezza progressista evitando in prima battuta di farlo. Un atteggiamento di facciata, che comunque non cambia i contenuti di un articolo il cui interesse, in cronaca, è assolutamente inesistente, e che viene pubblicato soltanto per solleticare un umorismo da postribolo squallido, terribilmente distruttivo e degradante per chi è costretto a subirlo.

Vistanet corregge il misgendering, e niente altro. Notare la reazione prevalente degli utenti di Vistanet su Facebook: la risata.

Una forma narrativa tutta fondata sull’annichilimento di una persona, schiacciata sotto la sua condizione di reietta, mentre intorno si agita la massa plaudente e divertita di coloro che condividono il privilegio di essere “normali”. Il meccanismo alla base di questa cronaca è tutto qui, non può essere cambiato con una concordanza grammaticale corretta: è un problema di genere letterario, non di grammatica.

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