L’abbiamo detto molte volte, il CPR (Centro di Permanenza e Rimpatrio), in quanto campo di prigionia per migranti privi di documenti è “uno spazio completamente fuori dal diritto, un buco nero dove spariscono persone, democrazia e diritti umani, nella opacità di una gestione omertosa. Una gestione che isola i reclusi dal mondo esterno ed erige una coltre di silenzio impenetrabile intorno al perimetro della prigione”. Infatti, anche in questi ultimi mesi, intorno al CPR di Macomer si è di nuovo elevata una fitta cortina di silenzio e impenetrabilità. Sapere quello che succede all’interno è molto difficile, eppure la struttura permane, e con essa tutte le criticità irrisolte che essa rappresenta, per le persone rinchiuse là dentro innanzitutto, e poi per lo Stato di diritto, la democrazia e i diritti umani.
Oggi finalmente il centro di Macomer è ritornato sulla stampa sarda, la notizia è quella di un tentativo di suicidio avvenuto pochi giorni fa. Sappiamo che la persona che ha tentato il suicidio ora sta bene, nulla di più. Abbiamo due cose da eccepire all’articolo uscito sull’Unione Sarda: da una parte il titolo, perché le parole sono importanti, e le persone rinchiuse nei CPR non sono “ospiti”, bensì prigioniere. Dall’altra, sulla nostra posizione: noi non chiediamo solo “un trattamento più umano possibile”, chiediamo la chiusura dei CPR, perché la detenzione nei CPR è completamente illegittima e disumana di per sé. Gli sforzi per mantenere alta l’attenzione sulle condizioni all’interno del centro, e per migliorare le condizioni di vita degli internati, sono parte di uno sforzo complessivo che sarà coronato solo dalla chiusura definitiva di queste strutture.
Il carico di disperazione che si accumula in spazi come il CPR, tra una detenzione palesemente priva di qualsiasi giustificazione, e la prospettiva di un rimpatrio che per molte persone significa il ritorno a condizioni di vita disperate, oltre che la necessità di ricominciare da capo un viaggio pericolosissimo e sfibrante verso l’Europa, fa sì che gli episodi di autolesionismo e i tentativi di suicidio vi avvengano con regolarità, siano la norma più che l’eccezione. Il sistema CPR è un sistema che istiga all’autolesionismo, anche perché svilisce completamente la dignità dell’essere umano, annichilendola sotto il peso di una macchina amministrativa che, attraverso il (non) rilascio dei documenti, decide arbitrariamente del (non) riconoscimento della qualità di persona.
Nel nostro piccolo, noi avevamo già predisposto una iniziativa per cercare di rompere il silenzio che circonda il CPR di Macomer, e venerdì 6 agosto, alle ore 19:00, saremo al Centro Servizi Culturali di Macomer (ex Caserme Mura, via Gramsci), insieme all’assemblea No CPR Macomer, LasciateCIEntrare, e l’Al Ard Doc Film Festival. Verrà proiettato il documentario Makun (No Llores) – Dibujos en un C.I.E. di Emilio Martì Lopez, e ci sarà un dibattito sulla questione dei CPR. Introdurrà il tema Francesca Mazzuzi, di LasciateCIEntrare.
Il film, un cortometraggio animato, narra la vita di tanti giovani rinchiusi nei centri di detenzione per migranti in Europa, attraverso le loro storie, raccontando come si può finire reclusi ingiustamente in un C.I.E. (oggi CPR). I CIE o CPR sono dei centri detenzione attivi di diversi anni in tutta Europa, nei quali persone innocenti passano mesi separati dalle loro famiglie nonostante non abbiano commesso alcun reato. Sono tante le storie di privazione dei diritti che avvengono in questi centri
Si ricorda che l’ingresso è libero e gratuito e che in base alle nuove normative in vigore dal 6 di agosto per entrare nel Centro sarà richiesto il Green Pass, o in alternativa un tampone negativo o il certificato di avvenuta guarigione da Covid 19.
Si raccomanda la prenotazione ai contatti del Centro (WhatsApp 3917510083, Telefono 078571164, Mail csc.macomer@gmail.com).

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