A.S.C.E.

Associazione Sarda Contro l'Emarginazione

Misure alternative alla detenzione e messa alla prova

Nel 2014 l’A.S.C.E. ha sottoscritto una convenzione con il Tribunale di Cagliari attraverso la quale si impegna ad accogliere persone imputate o condannate e che possono svolgere, presso le sue sedi locali attività di volontariato con valenza riparativa in caso di misure alternative alla detenzione (L. 354 del 26.07.1975 e successive modifiche e integrazioni) o di lavori di pubblica utilità in caso di messa alla prova (L. 67 del 28.04.2014)

L’Associazione si pone come interlocutore nel sistema giudiziario, in stretto raccordo con gli Uffici di Esecuzione Penale Esterna (Uepe) e intende rappresentare per le persone che ne fanno richiesta un modello positivo di impegno e di solidarietà nello svolgimento di lavori di pubblica utilità presso le sue sedi locali, impegnandosi a seguire il loro percorso socio-educativo di reinserimento sociale.”

AFFIDAMENTO IN PROVA AI SERVIZI SOCIALI

La disciplina giuridica dell’affidamento in prova ai servizi sociali è contenuta all’art. 47 della Legge 26 luglio 1975 n. 354 (Legge sull’Ordinamento Penitenziario).

L’affidamento in prova ai servizi sociali, consiste nell’affidamento di chi sia stato condannato ad una pena detentiva al servizio sociale, al di fuori dell’istituto carcerario, per un periodo pari alla pena da scontare. L’affidamento può essere concesso se la pena detentiva da scontare non superi i 3 anni, oppure i 4 anni, solo in casi particolari, e precisamente se la pena debba essere eseguita nei confronti di persona tossicodipendente o alcool dipendente che abbia in corso un programma di recupero o che vi si intenda sottoporre. L’istanza di affidamento può esser proposta nel corso dell’esecuzione della pena (sempre che rientrante nei limiti di tre anni, in questo caso di pena residua da scontare) dall’interessato o da un suo difensore alla Procura della Repubblica e deve essere preceduta da un periodo di osservazione della personalità del condannato in istituto per il periodo della durata di almeno un mese che, ai fini della concessione, deve avere un esito positivo. Nel caso di concessione del beneficio, il servizio sociale dovrà controllare la condotta del soggetto e riferire periodicamente al Tribunale di Sorveglianza. L’esito positivo del periodo di prova estingue la pena ed ogni altro effetto penale.

DETENZIONE DOMICILIARE

La disciplina giuridica della detenzione domiciliare è contenuta all’art. 47 ter della Legge 26 luglio 1975 n. 354 (Legge sull’Ordinamento Penitenziario). La detenzione domiciliare è stata introdotta con la Legge 10 ottobre 1986 n. 663, cosiddetta Legge Gozzini, e consiste nella possibilità di espiare la pena nella propria abitazione oppure in altro luogo di privata dimora. Il beneficio della detenzione domiciliare può essere concesso nei casi nei quali la pena detentiva, anche residua di maggior pena, non superi i tre anni. La detenzione domiciliare può essere concessa solo in casi particolari: nei confronti di donne incinta o che allattano la prole o che abbiano figli conviventi di età inferiore a 5 anni, nei confronti di persone che versino in grave stato di salute, nei confronti di persone di età superiore a 70 anni e nei confronti dei minori di anni 21 per motivi di studio, di lavoro o di famiglia.

MISURE ALTERNATIVE ALLA DETENZIONE NEI CONFRONTI DEI SOGGETTI AFFETTI DA AIDS CONCLAMATA O DA GRAVE DEFICIENZA IMMUNITARIA

L’art. 47 quater prevede che l’affidamento in prova e la detenzione domiciliare possono essere applicate anche oltre i limiti di pena predeterminati, su istanza dell’interessato o del suo difensore, nei confronti di coloro che sono affetti da AIDS conclamata o da grave deficienza immunitaria accertate ai sensi dell’articolo 286 bis comma 2, del codice di procedura penale e che hanno in corso o che intendono intraprendere un programma di cura e assistenza presso le unità operative di malattie infettive o altre unità operative prevalentemente impegnate secondo i piani regionali nell’assistenza ai casi di AIDS.

SEMILIBERTÀ

Il regime di semilibertà, di cui all’art. 48 dell’Ordinamento Penitenziario, consiste nella concessione al condannato e all’internato di trascorrere parte del giorno fuori dell’istituto per partecipare ad attività lavorative anche autonome, istruttive oppure utili al reinserimento sociale, come ad esempio un’attività di volontariato. L’ammissione al regime di semilibertà. La disciplina giuridica del regime di semilibertà è contenuta all’art. 50 della Legge 26 luglio 1975 n. 354 (Legge sull’Ordinamento Penitenziario). L’ammissione alla semilibertà, (ex art. 50 Ordinamento Penitenziario) prescrive che possono essere espiate in regime di semilibertà la pena dell’arresto e la pena della reclusione non superiore a sei mesi, se il condannato non è affidato in prova al servizio sociale. Il condannato può essere ammesso al regime di semilibertà soltanto dopo l’espiazione di almeno metà della pena, oppure, se si tratta di condannato per uno dei delitti indicati dal comma 1 dell’art. 4 bis dell’Ordinamento Penitenziario, di almeno due terzi di essa. L’internato può essere ammesso in ogni tempo. Nei casi previsti dall’art 47 dell’Ordinamento Penitenziario, se mancano i presupposti per l’affidamento in prova al servizio sociale (che è una misura più vantaggiosa rispetto alla semilibertà), il condannato per un reato diverso da quelli indicati nel comma 1 dell’art. 4 bis dell’Ordinamento Penitenziario può essere ammesso al regime di semilibertà anche prima dell’espiazione di metà della pena. Il condannato all’ergastolo può essere ammesso al regime di semilibertà dopo aver espiato almeno venti anni di pena.

LIBERAZIONE ANTICIPATA

La disciplina giuridica della liberazione anticipata è contenuta all’art. 54 della Legge 26 luglio 1975 n. 354. Essa, per questo, consiste in una riduzione della pena, a differenza delle misure alternative alla detenzione che si limitano ad agire sulla modalità di esecuzione della stessa. Precisamente, la riduzione è pari a 45 giorni, per ogni 6 mesi di pena espiata, compreso il periodo di custodia cautelare e di detenzione domiciliare, e riguarda il detenuto che ha tenuto una regolare condotta ed ha anche partecipato alla attività di osservazione e trattamento.

LIBERAZIONE CONDIZIONALE

Nel Codice penale, con le modifiche apportate dalle leggi n. 1634 del 1962 e n. 663 del 1986 e sotto il profilo processuale dalla legge n. 6 del 1975, la quale comporta la sospensione dell’esecuzione della pena per un certo tempo, trascorso il quale senza che il condannato liberato abbia commesso un altro reato la pena si estingue.