Ci giunge in questi giorni la notizia che, dopo oltre due anni di rinvii, il campo Rom della comunità Khorakhanè di Piandanna sarà sgomberato e bonificato. L’amministrazione comunale di Sassari è finalmente riuscita a trovare una sistemazione dignitosa per oltre 65 persone, gran parte minori, che da anni aspettano che il comune utilizzi parte dei 545.000 € destinati al superamento del campo, all’integrazione abitativa, lavorativa e scolastica? La risposta purtroppo è negativa e il futuro appare più che mai incerto.
Il comune di Sassari ha in cassa da circa due anni i fondi, provenienti dalla Comunità Europea e destinati unicamente al superamento dei campi Rom, ma le soluzioni messe in campo si sono puntualmente rivelate inefficaci ed escludenti. Fin dalla precedente giunta si è prospettato ai capi-famiglia della comunità Khorakhanè di usufruire di un rientro volontario assistito in Bosnia, che avrebbe costretto i giovani della comunità in una terra che non è la loro e di cui non parlano la lingua. L’attuale giunta ha poi prospettato un’altra strada assurda e impraticabile: l’acquisto di camper, con cui spingere le famiglie a insediarsi altrove in maniera autonoma, alimentando così il continuo circuito di espulsione e ghettizzazione. Proposte totalmente inattuabili, mai concretizzate, che tradiscono la volontà di spacciare per integrazione quella che sarebbe stata l’ennesima espulsione.
Una strada formalmente condivisa da entrambe le ultime due giunte e tutt’ora percorribile per chi lo volesse, sarebbe quella di finanziare l’affitto di abitazioni private (e diverse famiglie sarebbero ancora disponibili). Parrebbe invece che il comune stia per spendere circa la metà dei fondi a disposizione per l’integrazione dei Rom, per la loro permanenza in un Centro di Accoglienza Straordinaria per migranti (CAS), per la durata di soli 3 mesi, senza alcuna garanzia sui successivi passi da intraprendere. A questa situazione di mala gestione del denaro pubblico, si aggiunge la riproposizione di un nuovo ghetto etnico, nel quale saranno stipate tutte la famiglie, che vorrebbero invece dividersi sul territorio comunale. Evitare la ghettizzazione etnica è un passaggio fondamentale nella strategia europea di superamento dei campi, condiviso dalle associazioni sensibili al tema e anche dalle famiglie del campo Khorakhanè di Sassari. Cosa pensano a tal proposito gli assistenti sociali che conoscono i casi e le persone interessate? Chi conosce la situazione è consapevole dei rischi che si corrono, ma il comune pare andare avanti per la sua strada.
Pensiamo che l’unico modo di superare seriamente e definitivamente il problema sia quello di ascoltare le comunità interessate, coinvolgendole in quanto PERSONE e non come semplici incombenze da spostare, lavorando con i servizi sociali su casa, istruzione, lavoro e salute. Noi ribadiamo la nostra disponibilità nell’incentivare tali processi, che non si potranno portare a compimento spendendo 200.000 € per creare un nuovo ghetto che garantirà loro solo un tetto e dei pasti per 3 mesi, concentrando tutte le famiglie in unico spazio.
Con questo comunicato vorremmo porre alcune domande all’amministrazione, le stesse che si pone (e ci pone) la comunità Khorakhanè di Sassari:
• Quali soluzioni abitative concrete ha in mente l’amministrazione al
termine dei 3 mesi di permanenza nel CAS? Le famiglie rischiano di
finire in mezzo a una strada, o nuovamente nel campo bonificato, con la
scusa dell’esaurimento dei fondi a loro destinati?
•
Nell’arco dei 3 mesi le famiglie che troveranno una sistemazione
alternativa (affitto, acquisto di terreni), potrebbero ricevere un
contributo dal comune pari a quanto non speso per la permanenza nel CAS?
• Trova ancora fondamento la promessa di fondi per l’acquisto di
terreni, o camper, da assegnare alle famiglie in cambio del loro
“allontanamento volontario” dal campo e, in alcuni casi, da Sassari?
• Quali azioni volte all’inclusione delle marginalità, per l’inclusione
lavorativa, per la scolarizzazione della comunità Khorakhanè sta
mettendo in piedi il comune di Sassari?
Vorremmo infine sperare che questa amministrazione non stia navigando a vista: se oltre a voler spendere 200.000 € in tre mesi, ha una strategia concreta per l’integrazione (o l’espulsione) dei Rom, che la renda esplicita, e non predichi bene da una parte (parlando di azioni di integrazione) e razzoli male dall’altra (ricreando un pericolosissimo nuovo ghetto o espellendo le famiglie da Sassari). Sappiamo che questo tema non porta voti nel bacino elettorale di riferimento della maggioranza, ma sappiamo anche che è un dovere dell’Assessorato ai servizi sociali garantire una vita dignitosa, un istruzione, un futuro ai tanti giovani abitanti del campo, tutti sassaresi come noi, il cui futuro è sempre più incerto.
Da parte nostra non possiamo che garantire una presenza costante, la solidarietà incondizionata alle famiglie, una vigilanza attenta di fronte allo sgombero, monitorando e denunciando eventuali azioni di forza che speriamo non si verifichino. Facciamo appello a tutte le persone e le associazioni sensibili al tema, alla società civile e a tutte e tutti i sassaresi che in questi ultimi anni di impoverimento culturale e razzismo dilagante sono “rimasti umani”, a fare lo stesso, a non abbassare la guardia, e perchè no, a mettere a disposizione eventuali spazi sfitti per questa famiglie. Noi ribadiamo la nostra disponibilità nell’accompagnare tali inserimenti in abitazioni singole, mediando e aiutando l’interazione delle famiglie con i nuovi vicinati.
A.S.C.E. – Associazione Sarda Contro l’Emarginazione – Sassari
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