A.S.C.E.

Associazione Sarda Contro l'Emarginazione

Retorica del decoro e pratica dell’esclusione. Tre incontri con Wolf Bukowski.

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Dal 5 al 9 ottobre OsservaMedia Sardegna organizza un ciclo di presentazioni del libro “La buona educazione degli oppressi. Piccola storia del decoro”, uscito per le edizioni Alegre, con l’autore Wolf Bukowski.

Il 5 ottobre, alle ore 18:30 saremo a Nuoro, a Sa Bena, via San Martino 17. Il 7 ottobre, alle ore 18:00, a Sassari, in piazza Santa Caterina. Il 9 ottobre, alle 18:00, a Selargius, presso il Centro A.S.C.E. di via Istria 134. Gli incontri si svolgeranno in modo da rispettare le misure di sicurezza contro la propagazione del Covid-19.

“È in corso da anni una guerra, combattuta tra le strade delle città, contro poveri, migranti, movimenti di protesta e marginalità sociali. Le sue armi sono decoro e sicurezza, categorie diventate centrali nella politica ma fatte della sostanza di cui son fatti i miti: Furio Jesi chiamava idee senza parole gli artifici retorici di questo tipo, con cui la cultura di destra vagheggia fantomatici «bei tempi andati» di una società armoniosa”, recita la quarta di copertina. Come OsservaMedia Sardegna, ci siamo imbattuti spesso, in questi due anni, nel quotidiano mito del decoro e della sicurezza coltivato dalla stampa locale sarda. Il nostro primo caso studio, nasce proprio come analisi e reazione davanti ad una vergognosa campagna stampa mossa in questo senso da La Nuova Sardegna. Come A.S.C.E., d’altronde, è più di 30 anni che vediamo utilizzare il “decoro urbano” come arma retorica per perpetuare in maniera feroce la segregazione razziale delle comunità rom.

La retorica del decoro è un discorso di potere che assume forte valenza performativa grazie alla sua totale valenza tautologica: indecoroso è ciò che viene definito indecoroso, da chi ha l’autorità per farlo. La miseria, d’altra parte, è sempre definita indecorosa: è attraverso la retorica del decoro che si incolpa il povero, l’emarginato, della propria stessa povertà ed emarginazione.

Ma il dispositivo retorico del decoro è anche, come ben sottolinea Wolf Bukowski, elemento di riprogettazione della città in funzione della messa a reditto delle sue funzioni sociali. É spesso attraverso i cavalli di troia del decoro e della sicurezza che si assicura la repressione ed il controllo di ogni forma di socialità spontanea, dalla aggregazione giovanile e di quartiere, ai mercatini rionali, alle feste paesane, riorganizzandole e risignificandole in funzione della appropriazione commerciale, con la scusa dei “controlli” e della ”valorizzazione”, in quello che è un continuo rinnovarsi di nuove leggi delle chiudende volte a recintare e privatizzare lo spazio sociale.

La scelta di invitare Wolf Bukowski è nata dalla consapevolezza che non c’è discorso egemonico più pervasivo e incontrastato nel dibattito pubblico, in questo momento, di quello legato alle politiche classiste della sicurezza e del decoro. C’è bisogno di costruire una consapevolezza diffusa e una reazione organizzata, davanti agli artifici retorici della inesauribile macchina mitologica del “decoro” e della “sicurezza”, e soprattutto davanti alle pratiche di progettazione sociale che dietro questa macchina mitologica costruiscono una società sempre più a misura degli interessi di pochi.

Gli incontri dovevano avvenire a fine marzo di quest’anno, ma nel frattempo è intervenuta l’emergenza Covid-19 ed il lockdown. L’avvento del Covid ha certamente messo in luce in maniera ancora più evidente i meccanismi tossici che retoriche e pratiche fondati sul binomio decoro/sicurezza sono destinati a produrre, aggiungendo una nuova dimensione al discorso sviluppato da Wolf Bukowski nel suo libro. Su questo ci siamo espressi altrove, in più occasioni, e così ha fatto anche Wolf Bukowski (qui e qui).

Confuse dentro il flusso del discorso sulla sicurezza sanitaria, le retoriche e le politiche del decoro si sono ingigantite sino a raggiungere una dimensione grottesca: l’uscire di casa “senza motivo” ha assunto i contorni del comportamento “indecoroso”, venendo sanzionato da solerti funzionari dell’ordine pubblico, stigmatizzato incessantemente su tutti i canali mediatici, senza che mai si sia offerta una chiara spiegazione dei “motivi buoni” per uscire di casa, né una valida argomentazione sanitaria in favore della rigidità estrema ed ottusa con cui il distanziamento fisico veniva tradotto in reclusione domiciliare di massa.

La colpevolizzazione collettiva delle persone è servita come enorme distrazione dalle responsabilità politiche per una gestione sanitaria pessima, conseguenza di un ventennale smantellamento del Sistema Sanitario Nazionale. Esattamente come si incolpa l’emarginato della propria emarginazione e miseria, così si è finito per incolpare i malati della incapacità del sistema ad assisterli.

E così, mentre la gestione sanitaria rimane pietosamente insufficiente, la retorica e la politica del decoro ci offrono a tutt’oggi quotidianamente i propri capri espiatori per la ripartenza del contagio. Questi sono sempre gli stessi da quando è avvenuta la riapertura a maggio, giovani e migranti, in tutte le salse, con evidente indifferenza per l’effettivo andamento dell’epidemia. La coincidenza con i principali bersagli delle retoriche del decoro non è certo casuale.

Qui siamo, e da qui, pur con le difficoltà oggettive dovute alla pandemia, dobbiamo ripartire.


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