Pubblichiamo la prima parte di un ragionamento più ampio che stavamo impostando in questi giorni sul rapporto tra distanziamento sociale ed uso dei media digitali: cliccate qui per leggere il documento in pdf.
Abbiamo deciso di anticipare l’uscita di questa prima parte dello scritto perché, per una volta, ci sembra importante stare sul pezzo del dibattito pubblico. Questa mattina, La Nuova Sardegna, ha infatti pubblicato una pagina intera per propagandare l’obbligatorietà del tracciamento digitale della popolazione sarda, attraverso i telefonini, come strumento di uscita dalla chiusura totale decretata dal governo l’8 marzo scorso. Abbiamo scritto diverse pagine su questo tema, e riteniamo sia importante diffondere subito alcune informazioni base che stanno venendo espunte dal discorso pubblico.
Il modo in cui sta venendo impostato il dibattito su una questione così delicata per i nostri diritti civili è infatti terribilmente superficiale, una superficialità che distorce l’informazione sino a renderla priva di senso, e tacita un dibattito che dovrebbe invece essere molto più ampio, dettagliato, profondo. D’altra parte, con la scusa del distanziamento sociale e della digitalizzazione obbligata della vita collettiva, i diritti civili che stanno venendo messi in discussione sono tanti: dal diritto allo studio, al diritto al giusto processo, senza contare quanto, già da anni, lo smart working sia stato una ottima pratica per erodere i diritti sindacali.
Continuiamo comunque a prenderci qualche pagina in più di quella che un giornalista riterrebbe lecito, perché bisogna prendersi la briga di sviscerare sul serio le questioni che sono in campo. Non ci stancheremo di ripeterlo: serve ragionare, gli errori commessi oggi per superficialità (o malafede nella superficialità) li pagheremo per molti anni a venire.
Buona lettura (per proseguire con la lettura del documento potete cliccare qui).
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